Era il 1952 e Lucio Fontana (Rosario di Santa Fé, 1899 – Comabbio, 1968) prese un disco metallico, come sbarcato sulla terra da chissà quale lunare altrove. Pensò di farne una scultura: non più volumetrica, ma piatta. Una scultura che però conservasse la capacità interattiva con la luce di Forme Uniche della Continuità nello Spazio e delle sue stesse prime ballerine dorate.
La tagliò, e la bucò, con una gestualità degna di Pollock e che oggi possiamo visualizzare ancora grazie agli scatti di Ugo Mulas: le diede un altro altrove di cui diventare messaggera. Ma questa soglia, invece che ergersi in verticale – come in tutta la tradizione occidentale di porte, finestre ecc. –, si stendeva in orizzontale. Una scultura piatta, orizzontale, che schiude altrove ctoni, di cui porta ancora le tracce nelle sue superfici non levigate, nelle costellazioni di affondi di punteruolo attorno ai suoi buchi e ai suoi tagli, come fossero tracce di collisioni con sciami di meteoriti.
Alle pareti una serie di disegni di Concetti Spaziali e due Teatrini danno un senso del flusso inesausto della ricerca espressiva di Fontana. Mettere alle pareti qualche foto d’archivio con Il Fiore nei suoi prati, e qualche testo, avrebbe invece potuto illustrare la perfezione artistica del bisturi concettuale di Fontana.
Non è andata così, ma si può comunque scendere al piano -1 e sostare davanti a questo Concetto-Fiore, finché non riusciamo a immaginarlo nei Campi Elisi da cui realmente proviene.
Torino // fino al 4 ottobre 2015 (prorogata)
Lucio Fontana – Concetti spaziali
a cura di Danilo Eccher
GAM – GALLERIA DI ARTE MODERNA
via Magenta 31
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gam@fondazionetorinomusei.it
www.gamtorino.it
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