lunedì 22 giugno 2015

L'oggetto da cucina di Brancusi, l'emporio di Warhol e i lampadari di Flavin. Tre storie curiose per arte di "frontiera"

Cosa hanno in comune artisti di epoce diverse come Constantin Brancusi, Andy Warhol e Dan Flavin? Si tratta di tre interessanti storie che parlano di doganieri, tasse, e opere d'arte non ritenute tali. Le storie hanno un filo conduttore nonostante siano datate in diversi periodi del l'ultimo secolo, tanto che si parte con la storia di Brancusi del 1926 fino ad arrivare a quella di Flavin del recente 2010, passando dal 1965 di Warhol. Questo per far capire che la concezione sull'arte moderna non è molto cambiata e i problemi persistono, anzi forse sono anche maggiori.





Il caso di Constantin Brancusi è il primo e forse anche il più noto e di rilievo. Lo scultore nel 1926 fa arrivare via mare a New York l'opera chiamata "The Bird in Space". La scultura non richiama per niente ad un uccello (come farebbe intendere il titolo) e i doganieri non la riconoscono come opera d'arte ma adirittura come utensile da cucina, applicando la tassazione relativa (mentre le opere d'arte dovrebbero essere non tassate). Brancusi si indignò e la cosa arrivò alla corte federale. Gertude Vanderbildt Whitney (che sarà la fondatrice dell'importante Whitney Museum) capisce che questo può diventare un importante precedente giuridico e finanzia la causa che alla fine (nel 1928) Brancusi vincerà, vedendosi riconoscere "Bird in Space" come opera d'arte e non come utensile da cucina.

Passano gli anni, siamo nel 1965, ma la storia si ripete con Andy Warhol con le sue "Brillo Box" che erano state esposte nel '64 alla Stable Gallery di Ny e che erano state portate in Canada l'anno successivo dal mercante Jerrod Morris. I doganieri anche in questo caso le catalogano come oggetti di uso comune e non come opere d'arte (più precisamente come scatole con oggetti da emporio). Qui il problema è ancor più elevato rispetto a quello di Brancusi in quanto le "Brillo Box" di Warhol sono in tutto e per tutto le stesse Brillo Box che si trovavano nei supermercati, sulla scia dei ready-made di inizio novecento di Marcel Duchamp che con la sua invenzione destabilizzò e rivoluzionò il mondo dell'arte moderna e contemporanea. Venne interpellato l'esperto della National Gallery of Canada, Mr. Charles Comfort, che diede ragione ai doganieri questa volta: le Brillo Box di Warhol non erano arte.



Infine veniamo ai giorni nostri, a sottolineare come le cose non cambino poi di molto, anzi peggiorino. Nel 2010 tocca ad un altro americano, Dan Flavin, con i suoi Icons, opere d'arte formate da semplici tubi colorati al neon, esposte nei maggiori musei del mondo e ormai riconosciute anche da importanti collezioni da diversi decenni. Ciononostante la Comunità Europea ha stabilito che le opere di Flavin altro non sono che semplici "lampadari" e come tali sono soggetti alle relative imposte doganali, a differenza delle opere d'arte. Siamo quindi ben lontani dal poter dare una risposta globale su cosa sia o non sia un opera artistica, su cosa si possa considerare arte e cosa no. Anzi, questa risposta si è allontanata ed è diventato ancor più complicato districarsi tra questi problemi visto che la funzione puramente estetico-illustativa non è più il paradigma su cui basarsi. Forse aveva ragione Piet Mondrian quando affermava che in futuro l'arte si sarebbe sempre più mescolata con la vita reale fino a confluirvici del tutto.


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