mercoledì 21 ottobre 2015

Mostre: a Oslo retrospettiva su Damien Hirst

La retrospettiva Damien Hirst allestita presso l’Astrup Fearnley Museet di Oslo stimola il visitatore a ripensare completamente ad una delle figure artistiche più controverse del panorama culturale degli ultimi vent’anni.

“Vidi quello che faceva un mio compagno e mi resi conto che anche io, che non avevo particolare talento nella pittura tradizionale, avrei potuto avvicinarmi a questo tipo di arte”. [Damien Hirst sulla nascita dei "Dots"]





Umilissimi gli esordi dell’artista. Nato a Bristol, nel ‘95 Hirst si trasferisce a Londra, nella zona di Forest Gate, East London, dove inizia a lavorare come muratore in un cantiere. Si rende conto però, fin da subito, di non appartenere a quell’ambiente e di voler fare arte. Per questo abbandona questa vita e si iscrive a un corso di fine art presso la Goldsmith University della capitale britannica. E’ qui che inizia l’avventura del giovane artista, che si ritrova a confrontarsi con altri allievi di corso, in una sorta di factory warholiana.

Le carcasse di animali sezionate e riempite di formaldeide sono enormi e riempiono l’intera prima sala, oltre alla celebre coppia di Mother and Child (Divided) del 1993, esposti alla Biennale di Venezia nello stesso anno della loro creazione, e “God Alone Knows” del 2007. Divertirsi, sperimentare, esorcizzare la morte, sembrano essere gli intenti di Hirst. La morte e la caducità sono quasi delle ossessioni per l’artista, declinate nelle diverse sperimentazioni.

Il pezzo forte della mostra. E’ “For the Love of God”(2003), il celebre teschio totalmente ricoperto da diamanti, per la realizzazione del quale l’artista avrebbe speso 140 milioni di sterline e che, sempre a detta dello stesso Hirst, non avrebbe valore commerciale. “It’s not about the money”. La celeberrima opera è stata realizzata da Hirst nella sua casa di Baja, Messico, e liberamente ispirata al “Dia de los Muertos”, una delle tradizioni più importanti del paese dell’America Latina.

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