lunedì 16 novembre 2015

Pyotr Pavlensky contesta Putin ed è nuovamente nei guai in Russia

Cose come inchiodarsi i testicoli sull’asfalto della Piazza Rossa, a Mosca, come atto di denuncia, contro l’autoritarismo di Putin; oppure cose come cucirsi le labbra, in difesa del diritto di espressione, o tagliarsi il lobo di un orecchio, ricordando Van Gogh, dinanzi alla clinica psichiatrica di Serbsky, dove un tempo (non troppo lontano) venivano rinchiusi i dissidenti politici. Il linguaggio dell’artista Pyotr Pavlensky, che si colloca in un filone preciso dell’estetica contemporanea russa – dai Voina alle Pussy Riot – è infarcito di contenuti politici, orientato alla provocazione contro il sistema e gli abusi di regime, fatto di gesti performativi eclatanti, provocatori, di rottura.

L’ultima azione di Pavlensky risale allo scorso sabato, 8 novembre 2015. La sua figura smilza, il suo volto pallido incappucciato, la sua presenza fragile, si sono trasformati in una minaccia concreta: giunto dinanzi all’ingresso principale dell’FSB – l’ex KGB, oggi Federal Security Service – l’artista ha cosparso di benzina il portone di legno, ha appiccato il fuoco con un accendino e poi è rimasto in attesa, serafico, dando le spalle alla fiamme.





Prima di compiere il suo gesto da piromane, aveva scritto un messaggio: “L’incendio della porta di Lubyanka è un guanto che la nostra società getta sulla minaccia terroristica introdotta dall’FSB, che sta utilizzando i suoi metodi di terrore senza fine per mantenere il potere su 146 milioni di persone”. La scena, a cui hanno assistito due reporter della tv indipendente Dozhd, è stata documentata con un video. La polizia ha fermato sia l’artista che i due giornalisti. Questi ultimi sono stati immediatamente rilasciati, mentre Pavlensky è stato trattenuto con l’accusa di vandalismo. La pena che lo aspetta, in caso di condanna, potrebbe andare da una semplice multa a un periodo di lavori socialmente utili, fino a un anno di galera.

Nessun commento:

Posta un commento